Questo è l’ultimo Natale a Roma Centro, una decisione
dolorosa, lasciare un luogo a cui sono legatissima e legata profondamente in modo ancor di più indefinibile, con
un sentimento che sembra venire da lontano, un senso di appartenenza viscerale,
saturo di una grandissima forza di attrazione, con un perenne desiderio di
scappare, un senso di pungente sofferenza, come quando si è in presenza di un
sentimento troppo forte che si stenta a sostenere… come se il cuore fosse
troppo piccolo per sopportare un’esplosione d’amore… Una città femmina fuori, e maschio dentro, affascinante,
egoista, superba, strafottente, affettuosa e indifferente, dominante e
perdente, unica, inattaccabile e disastrosa, pronta a subire mentre sa farti capire che
nel contrasto sarai senz’altro tu a perdere…. Per 27 anni, metà della mia vita, ho vissuto in
questo luogo, pieno di fascino, un quartiere umbertino sempre pieno di quel
senso di romanità che si poteva ancora trovare fino a qualche anno fa; un quartiere misterioso, esoterico, forse a motivo di essere ex cimitero dell'antica Roma, ma anche riferimento di storie enigmatiche come quella che mette la cosiddetta "porta magica" al centro di misteri e rivelazioni alchemiche; dove se
uscivi di casa e andavi al bar o al negozio di alimentari eri ancora in
famiglia, e poteva spesso capitare di mangiare il piatto di fettuccine o di
lasagne che ti offriva la signora Agata, barista truccatissima e curatissima, capigliatura
cotonatissima e bionda ossigenata ancora a più di settant’anni; dove potevi incontrare la
signora Iolanda, una meravigliosa signora con un viso da mucca, anch’essa
sistematicamente dal parrucchiere, abbandonata in giovane età dal marito per un’altra donna,
una vera romana di grandissimo cuore; la signora Olivi e i suoi fratelli, una
donna minuta ma nel suo essere non bella aveva anch’essa grande cura e dignità,
che gestiva un enorme magazzino di casalinghi e cartoleria, dove trovavi di
tutto, dal quaderno vecchio di 30 anni,
ai cordami, ai pallottolieri, penne e
matite di tutti i tipi e oggettini di tutti i tipi e di un'altra epoca, che ricordava sempre ma apparentemente senza dolore del figlio morto
in un incidente stradale; Umbertino, individuo indefinibile, sempre in giro con
i suoi tre cani, tre sorelle prostitute e una depressa murata viva in casa da
trent’anni, e che ogni volta mi prometteva di raccontarmi bene la storia della
mia casa e delle persone che ci avevano abitato; io che quando con mio marito ho
deciso di togliere alle porte strati di vernice per far rivivere il legno, ho
sentito la vita di tutte quelle persone che vi erano transitate e quanta pazzia
era passata per quella casa…. Quel piccolo mondo di quartiere si estendeva al
mercato , dove personaggi come Walter, il macellaio, una roccia che mi parlava del suo
juke box che non riusciva a far funzionare, di Adelina e Aldo, i “vignaroli”
che vendevano i prodotti di orto più insospettabili e che arricchirono le mie conoscenze gastronomiche, erano un ampliamento
naturale di un quartiere dotato di un carattere, un costume, una dimensione
umana, un popolo problematico ma riconoscibile, nella sua schiettezza,
semplicità, carica affettiva…..
In pochi anni uno tsunami senza carattere né forma ha
travolto tutto, insieme alla morte “naturale” di molti personaggi, veri
personaggi che fanno ancora sentire più forte il senso di insignificante che
sembra diffondersi sempre di più tra le persone, come ai grandi attori presenti
sulla scena fino a quarant’anni fa, fa da triste contrappeso l’attuale panorama
di inetti che fanno venire il mal di pancia solo a sentirli parlare, individui
che non si vergognano per niente di stare di fronte a una telecamera e blaterare
lagnosamente senza dizione, senza dignità, senza arte né parte. Li vedo quando
qualcuno (che ha cercato di dimenticarli nelle loro performance televisive)
domanda loro cosa fanno nella vita… rispondere “sono un attore”… “faccio l’attrice”……
Che coraggio!! Guardacaso il loro idioma è un surrogato di "romanese" di ultima generazione, una contaminazione ben nota di idiomi di derivazione borgatara e murettare, travestito da italiano ostentato... Lo stesso processo di decadimento nel mondo dell’arte e del
cinema è prima avvenuto nella realtà e nella vita.
Non ho più la forza di rimanere a vivere in un posto dove mentre
cammini senti il fischio degli sputi che ti fanno il pelo a un centimetro e vedi chi fa la
pipì attaccato a una macchina, a un palo, a un albero, come fanno i nostri animali domestici; non ho più
lo stomaco di passare davanti a migliaia di negozi abberranti, assolutamente brutti da
vedere, abitati da cinesi che non sanno e non hanno nessun interesse a sorriderti,
chiusi e anche sgarbati all’occorrenza; call center, empori extra che ti
vendono i prodotti scaduti ma te ne accorgi solo dopo averli consumati anche se
facevano schifo perché sei così ingenua da fidarti; non ho più voglia di essere
mandata a fare in culo, o insultata o insidiata da un tossico perché non voglio aiutarlo a
rimanere il balordo che è e non voglio dargli neanche un centesimo per
continuare ad esserlo.
E vado oltre, si parla ancora della mafia italiana, della
camorra e della ‘ndrangheta, ma come mai non si parla mai della mafia cinese o
di quella bengalese che a casa nostra la fanno da padrona? Come mai queste
organizzazioni possono permettersi di comprare interi quartieri quasi a viso
scoperto senza che nessuno gli dica nulla? Come mai un italiano che apre un
negozio viene massacrato da vessazioni di tutti i tipi e controlli sfibranti, da Vigili del Fuoco, Asl e altre meraviglie, anche
solo perché il lavandino del gabinetto non dista tot centimetri dal vaso, o perché
la maniglia della porta d’ingresso non è orizzontale, o per qualche altra
psicotica follia dei burocrati del controllo, mentre chiunque sia inquadrato in
queste organizzazioni criminali può permettersi di tutto, senza che nessuno gli
dica o gli contesti nulla? E’ solo perché l’economia cinese è la nostra padrona
e le dobbiamo obbedienza cieca? Il capolavoro del marxismo in cui il lavoro non
si paga perché tutti sono felici di accontentarsi di un piatto di riso? Chi
dobbiamo ringraziare oltre alla grande Finanza e misteriosa regia internazionale, un po’ anche la nostra
desolante cultura di sinistra che da quarant’anni ha ammalato le nostre menti
rendendoci animali buonisti sempre pronti a colpevolizzarci noi per primi mentre
qualcuno che si fa meno scrupoli di noi ce lo ha già messo in quel posto? I
lavoratori cinesi non sono degli sfruttati? Nessuno ne parla? Sono fatti loro? Il caro Saviano perché non si viene a fare una passeggiata qui? Dobbiamo
rispettare la loro privacy? Altra pestifera invenzione, grazie Rodotà e
posteri, la privacy è la grande truffa del secolo; mai tante violazioni non
solo della propria vita privata ma della propria intimità e della propria
coscienza si sono verificate da quando qualcuno ha messo su questa
impressionante montatura di bluff e contro bluff. Chi ci guadagna è solo chi ha
da nascondere qualcosa. Tutti noi onesti e sinceri ci abbiamo rimesso e continuiamo
a rimetterci. Provate a chiedere alcune informazioni alle varie aziende, ad esempio, se avete una causa in corso con qualcuno... Per il rispetto della nostra privacy da quando c’è la privacy riceviamo migliaia di telefonate a casa,
negli orari più impensati.
E andiamo oltre, cosa hanno fatto le amministrazioni comunali
di Roma degli ultimi 15 anni, i fantocci Rutelli, Veltroni e il deludentissimo Alemanno,
per i problemi di Roma? Pavoni vanèsi, che oltre a occuparsi di rifare soltanto
il make up a una città malata grave, come fanno gli americani ai cadaveri, non
hanno saputo potuto voluto fare altro; malata, lo era prima ed in questi ultimi
anni con l'immigrazione selvaggia diventata cronica in modo penoso. Una città che non ha organizzazione,
educazione, disciplina, senza più carattere, anima, senso di solidarietà. Se ci
penso e se penso al passato provo un senso di nostalgia devastante. Per questo
cito nella quotidianità il puntuale entrare in avaria della metropolitana
(l’ultima si è detto un atto di sabotaggio, ma chi ci crede?), gli scioperi
della stessa metro che mettono in ginocchio solo i cittadini, i vigili che
fanno le multe non per tutelare il traffico ma le tasche del comune e le loro,
gli ausiliari del traffico, veri teppisti della multa fatta anche a chi è in
piena regola pur di accumulare meritocrazia, le soluzioni dei geni del traffico
che versa in condizioni tragiche attraverso l’adozione di soluzioni tanto
“geniali” quanto inette, che non se ne capisce il motivo ma puntualmente
peggiorano la situazione, ad esempio “mettiamo un senso unico all’unica via di
accesso a un quartiere”, o costruendo un marciapiede enorme e parcheggi a spina
costringendo le auto a procedere in fila indiana. E cosa dire dei mezzi
soppressi e sostituiti da due o
tre corse, gli auto che passano ogni mezz’ora o
per niente, oppure passano “fuori sevizio” e diretti al deposito mentre le
fermate gremiscono di gente furiosa e rassegnata (ma non stanno consumando carburante?); quanto
del tempo della nostra vita siamo costretti a sprecare in queste attese? I nostri
abbonamenti, anticipando dei soldi, non gridano vendetta? Ancora, i postini che
lasciano tutte le bollette della luce o del gas ammucchiate e buttate lì senza
imbucarle nelle cassette, e che si perdono, o che ti lasciano l’avviso della
raccomandata senza suonare, o che non te lo lasciano per niente, oppure cosa
dire che gli uffici per ritirare le raccomandate sono spostati a 10 km dalla
tua casa in posti raggiungibili solo a chi ha un mezzo; cosa dire dei musicanti
nella metropolitana che ti costringono a suonarti nelle orecchie a tutto volume
con un bell’amplificatore di mattina mentre ti sei svegliata da poco oppure a
sera dopo una giornata di lavoro che vorresti stare in silenzio; e ancora cosa
dire dei cassonetti AMA messi davanti a un passo carrabile e che in nessun modo
si riesce a far spostare neanche chiamando vigili urbani, carabinieri, ecc.;
oppure vogliamo parlare della maleducazione di chi si ferma in mezzo alla
strada e si incavola con te perché non ci passi o per leggere un sms o per far
comodamente scendere il proprio passeggero finendosi di raccontare le ultime
confidenze, non curandosi della fila che si è fatta dietro….. Cosa dire ancora
di lavavetri prepotenti che ti minacciano con la spatola perché gli hai detto
di no……, o di subire tre diversi lavaggi di vetro in dieci minuti..? Potrei raccontarne tante, ma non c'è abbastanza spazio per tutte le piccole e odiose mancanze di rispetto e di gentilezza di
una generazione che sta crescendo nell’arroganza e nell’idea che tutto gli sia
dovuto e che non debba esserci nessun limite al proprio libero arbitrio. Potrei
fare degli esempi, come per chi fa rumore e non può diventare mai oggetto di
riprovazione o di azione legale se non attraverso laboriose e inconcludenti
procedure burocratiche (vedi ad esempio la presa in giro dell’Arpa, società che rileva
le emissioni rumorose). La gente ci passa gli anni ad aspettare giustizia e
intanto cerca una soluzione disperata, o a volte si fa giustizia da sé. E cosa
dire di tutte quelle associazioni e associazioncine cultural o pseudo-culturali
“non a scopo di lucro”, magari dietro arti o attività religiose o marziali, che
approfittando di un benevolo regime normativo fanno il bello e il cattivo
tempo, guadagnano soldi e generano reddito indisturbate, disturbando i vicini
senza che nessuno possa veramente farci nulla? Questa
città sta peggiorando come un vero e proprio filtro dell’Italia di ladri, di
profittatori e di politici di bassissima lega. Se non fosse che la stessa Lega Nord
si è fatta vergognosamente autogol con le ultime e numerose vicende
giudiziarie, ci sarebbe da dire che non avevano torto; Roma è quello che è, una
specie di fogna, il filtro della lavatrice dell’Italia lestofante inetta e
ladra. Peccato che in questo marasma in cui predomina il peggio della natura
umana, ci sia tanta gente onesta, educata e che ha voglia di lavorare.
Non voglio sognare troppo, ma se utopicamente emergessero
delle nuove guide, dei politici puliti, decisi a ristabilire delle regole, sia
al loro livello, sia nel vivere civile, potremmo ancora trasformare questa
situazione. Ridare a questa città il senso di una grande metropoli, prendendo esempio dalle altre metropoli europee che hanno saputo dare un senso all'impeto del cambiamento. Intanto , per quanto mi riguarda, verrò al Centro di Roma solo per
fare shopping. La mia tanto amata e bellissima città è meglio prenderla e
piccole dosi ed evitare di viverla da dentro.
Un caro Buon Natale, auguri e saluti a tutti.