mercoledì 22 dicembre 2010

Un Natale "Da Grandi"


L’inverno parla con la mia nostalgia, io amo l’inverno. Amo il freddo, il senso di intimità, il calore che si sviluppa e si genera nell’anima quando penso alla neve e agli indumenti con cui mi posso proteggere e coprire, amo i miei cappotti, i miei cappelli, le mie sciarpe, i miei maglioni. Amo pensare a quelle giornate un po’ grigie, nordiche, senza pioggia e senza sole, a quanto può essere riflessivo e romantico passeggiare in una tersa giornata di freddo secco e pungente e di sole. Queste sensazioni mi riportano indietro, a quando ero una ragazzina un po’ ermetica e un po’ malinconica, ma che sapeva divertirsi, giocare e ridere come nessuno. Come nessuno perché quando ridevo non era niente di scontato, di reiterato e di gratuito. Ridevo con tutta me stessa, con tutta la mia vita; il mio humor, la mia ironia nel vedere il lato comico delle situazioni, facevano dei miei divertimenti un insieme, un movimento interno indissolubile di riso e sorriso. Queste emozioni erano giovani e appartenevano a un mondo che non esiste più. Certo non era un mondo idilliaco. Erano gli anni in cui era emersa e diventava sempre più esplosiva una tendenza a rifiutare il mondo così com’era. E anch’io ne fui toccata. La mia inquietudine si sposò con quell’inquietudine un po’ petulante, un po’ presuntuosa, un po’ arrogante, un po’ violenta e alla fine un po’ assassina. Il tempo.

Quando si avvicina il Natale riemergono tante di queste emozioni, così impetuose e così invadenti che me ne difendo, rendendomi faticoso il volerle contenere e ordinare. I sentimenti, almeno i miei, sono aggressivi, e diventano qualcosa che viene da dentro e viene anche da fuori, qualcosa che non colloco, qualcosa che non mi sembra più qualcosa che ho creato io, che venga dalla mia sensibilità, dalla mia interiorità. Mi ricordo quanto era bello attendere quella notte…. Ognuno di noi aveva la capacità, la voglia, la fantasia, di trovare un regalo che poteva piacere a ogni persona. Forse eravamo più capaci di sentire le esigenze delle altre persone, eravamo più capaci di amare, eravamo più pazienti, più attenti, più curiosi. Poi siamo diventati sempre più egoisti, più pigri, e abbiamo cominciato a chiedere il regalo che volevamo, e a domandare agli altri quale regalo volessero. Nei pacchetti non c’erano più sorprese, e quei pochi pacchetti sconosciuti contenevano delle schifezze, naturalmente uguale per noi e per gli altri. Quanto possiamo capire da un regalo che riceviamo quanto la persona ci capisce, ci ama, ci tiene a noi, ci stima.

Allora ogni volta che arriva Natale mi sento di dispormi sempre di più a capire dove sta andando la mia vita, e dove sta andando la vita del mondo. A volte mi sembra di capirlo, a volte no. E mentre sto pensando così male di tutto, di come è diventata superficiale la gente, egoista, stupida, cafona, senza sentimenti, senza valori veri, e indisposta a voler realmente lavorare di creatività e di faticare veramente per fare uscire e produrre qualcosa di grande valore; allora mi dico che non vorrei pensare così in negativo, che vorrei essere la prima a pensare che tutti hanno qualcosa di bello e di buono e delle grandi e invisibili potenzialità. Per questo vorrei essere io per prima a dare fiducia a tutto il mondo e a tendere una mano a chi vorrebbe essere migliore e non sa che è possibile esserlo e che si può riuscire ad esserlo.

Per questo voglio festeggiare con tutti questo Natale, come se intorno a quell’albero ci fosse tanta altra gente e forse tutto il mondo, e fare un augurio a tutti perché anche se non è possibile essere fisicamente insieme, quella sera è come se lo fossimo, in fondo stiamo facendo tutti qualcosa di simile. Stare con le persone e sentire il loro valore, apprezzare realmente le persone che abbiamo vicino, il fatto di esistere, e di esistere con loro, di poter parlare e ridere insieme. Ritrovare noi stessi e gli altri, insieme con più profondità, più rispetto, più affetto.

sabato 16 ottobre 2010

LE MADRI DI NADA


Qual è il vero volto dei grandi artisti? Quello che offrono al pubblico o quello che noi non avremo mai il piacere di conoscere veramente, la loro storia pubblica o la loro storia privata? Quanto il pubblico e il privato parlino tra loro e quanto l’uno influenzi l’altro, la loro storia privata e la loro vicenda artistica e pubblica? Questo lo potremmo dire per molti di loro. Specialmente negli anni ’60, quanti furono i personaggi che da una vita semplice, magari provinciale, paesana, furono catapultati nel giro di poco tempo sotto i riflettori, sotto il flash dei fotografi, davanti a un pubblico sterminato e davanti a un microfono…? Molti di questi non superarono la prova della notorietà o ebbero solo un breve momento di ubriacatura. Altri ebbero invece un’esplosione di successo talmente rapido (e a volte inaspettato) da non riuscire poi a sostenerlo e bissare il successo. Tra questi fenomeni uno dei più particolari fu senz’altro Nada. Spedita a Sanremo '69 a neanche 15 anni (con un 45 giri registrato di corsa e l’età falsificata), affidata alle cure sapienti di un produttore-paroliere scaltro, con una coltre di tolleranza che ora, dopo le grandi rivoluzioni cosiddette emancipatorie, sarebbe impensabile, Nada si ritrovò famosa senza passare dallo Zecchino d’Oro. Il suo successo si appoggiò – mi chiedo - sulla falsificazione della personalità, e sebbene, come leggeremo dai suoi scritti, non fosse mai stata realmente e spensieratamente bambina, le fu affibiato il clichè di cantante-bambina col vocione e con una corteccia di donna vissuta. Le uniche volte che tentarono di puntare sul clichè della bambina affidandole una volta tanto una favola, BIANCANEVE, e una seconda volta una patetica storia di due ragazzini adolescenti e fuggiaschi, PA' DIGLIELO A MA', in più doppiata nell’accoppiata a Sanremo 70 con un altro infante, il Ron-bambino-Rosalino, anch’egli probabile bocconcino e amoroso pupillo di un altro arcinoto squalo, insomma anche in quel caso il pubblico bocciò la manovra e sancì che Nada, anche se bambina, doveva impersonare il personaggio della donna vissuta in tutti i sensi. Che non era una bambinetta e che il personaggio della donna matura e particolare era quello vero, lo dimostrò ben presto spostandosi su un repertorio talmente ostico e particolare da determinare un calo di popolarità repentino. E aveva solo 20 anni. Forse aveva esagerato ed era andata troppo avanti: Ciampi, la Reale Accademia di Musica, Conte. Quanto la cosa fosse voluta da Ennio Melis non ne sono a conoscenza, se a testimoniare una ricerca di impegno restano sempre i provini di pezzi di Baglioni, Cocciante, Venditti editi solo molto più tardi sul suo prezioso quanto inaspettato “Malanima”. In fondo fino a due-tre anni prima canticchiava ancora IL RE DI DENARI. Fatto sta che da lì in poi, padrona della situazione oppure solo un ennesimo tentativo di commercializzarla, Nada tirò pian piano fuori tutta la sua singolarità e stranezza. Dura, ironica, dolce, romantica, diretta, angosciata, sofferente, chiusa, accartocciata su se stessa, rumorosa, aggressiva, legnosa, tenera. Tutto e il contrario di tutto. La vera Nada. Poi la fase ironica, sixty-demenziale, new-wave elettronica da fine anni 70 e negli anni 80. La vera Nada, comincia ad esprimersi a fine anni 80, e firma i suoi pezzi. Intanto escono due sue pubblicazioni: LE SUE MADRI (2003) e IL MIO CUORE UMANO (2008).

Di lei, forse se stessa, dice: “In casa erano tutti preoccupati, qualcuno pensava che fossi ritardata o che avessi problemi di salute, nessuno riusciva a indovinare lo stato di ebrezza in cui mi trovavo, e leggevo e leggevo. (…) Scrivevo poesie tristi, dolorose, la mia faccia assunse un’espressione malinconica, sospesa chissà dove (…) Iniziai a dormire di giorno perché volevo sognare (…) parlavo nel sogno di notte e anche di giorno (…) nessuno riusciva a trovare una giusta soluzione, e alla fine mia madre disse: uccidiamola."

Come se lei stesse ricostruendo e rappresentando il percorso, la figura della madre. Lo sta facendo da persona sana, da animale da palcoscenico, da inventrice e da simulatrice. Ovviamente questo dramma, questa tragedia Nada ce l’ha dentro, e forse anche i suoi primi anni da personaggio, da cantante popolare ne fa parte; forse anche quell’investimento era il frutto della malattia mentale, della pazzia, della vita.

"Vorrei buttarmi tra le sue braccia e piangere un po’, farle capire che quello che sta ascoltando è frutto di tanti momenti belli e brutti. Di battaglie, di lotte che coinvolgono la mia vita e quella delle persone che amo, che forse ho sbagliato tutto, per questo a volte la odio, per il suo vantarsi di essere l’artefice dei miei successi.”

La figura della madre, carattere ma anche malattia, due aspetti che sembrano indissolubili, emerge e sbuca un po’da tutte le parti. LE MIE MADRI. Più madri per scomporsi in tante storie, in tante angolazioni, in tante Nade. Tutte non lei, ma lei.

"Ti ricordi di mia madre / Ti ricordi i suoi passi / Gli occhi un po’ storti / Che mettevano paura / e così che mi diceva / tu non hai mani e piedi / sei soltanto una storia da buttare, / ma ci sono voluti i segni / ci sono voluti gli anni / giorni passati come cornacchie / sui ponti e sui miei panni, la mia vera identità /non è poi così perfetta."

Qui c’è la ragazza negata ma c’è anche la donna che negli anni ha trasformato il male contro se stessa in un apprezzamento e nel semplice perdonarsi i propri difetti. Invece che basare l’autolesionismo su questi.

Lo stesso in questo passo, in cui parla di… se stessa o della madre che è dentro di lei? “Si sedette nella poltrona davanti alla finestra, era già notte, cominciò a piangere, era felice ma era triste, sentiva qualcosa di diverso dentro e continuò a sentirlo sempre più forte, finché fu consapevole, fu consapevole che quel sentimento nuovo era una grande pietà per il mondo che la circondava.” E poi il padre. “Mio padre era un uomo piccolo / le sue mani dure avevano scavato la terra / non sapeva pregare solo marciare / su giù su giù su giù …”. Nel disagio per la malattia e la morte del padre un nuovo tentativo di abbraccio e un ritrovarsi sempre con la madre. “Corro verso mia madre / l’abbraccio forte piangendo / sento quanto le voglio bene, lei capisce, ora capisce.”E del padre “Da quando si era ammalato tra noi era scattato qualcosa di speciale. Mi faceva capire che si affidava , che gli davo sicurezza e faceva tutto quello che gli dicevo: “Forse è meglio che non esci” e lui non usciva, “forse è il caso che mangi un po’ di meno” e lui mangiava un po’ di meno." Lui muore: “… sentivo un tonfo dietro l’altro dentro le orecchie, dentro lo stomaco, dentro la testa, era il mio corpo che si frantumava . Era finita. Ma per me non sarebbe mai finita.”

IL MIO CUORE UMANO è bellissimo, a cominciare dalla copertina. Una prosa così asciutta, così, realistica, così viva che certe situazioni si toccano, sono presenti. Un po’ alla Garcia Marquez. Periodi brevissimi, concisi, e così ancora più perentori, le situazioni, le persone sono così, senza indecisioni, inequivocabili: personaggi! Forse in questa storia c’è proprio l’idea che certe persone e situazioni sono così, e non se ne esce. Certi meccanismi così forti che non si possono cambiare. Così le serate al circolo Arci del paese a guardare la televisione erano un evento. “Mia madre si preparava già molto prima, era tutta eccitata specialmente il sabato quando c’era il varietà. Si metteva il tailleur a quadretti bianchi e neri, le scarpe décolleté con i tacchi e si gonfiava lo chignon tanto da sembrare più alta, poi infilava la sua piccola borsetta nera, quadrata, nel braccio e si girava pronta verso di me e mio padre (…) e facendomi una carezza, una delle rare carezze che ricordo, diceva, senza che gliene importasse niente: “Sei pronta anche te? Andiamo”. E mangiata la foglia che durante la visione il direttore del circolo si girava sempre verso di lei per guardarle le gambe, “Io allora ogni volta che mia madre accavallava le gambe le tiravo giù la gonna…”.

La sua nascita e la sua fortuna furono predette alla madre in stato interessante da una zingara che li inseguì sulla spiaggia (la madre, il padre e la piccola sorella) perché voleva leggere la mano alla signora “non voglio niente in cambio”, e si batteva i pugni sul petto, “ogni tanto parlava un'altra lingua, sputava, alzava le braccia al cielo, puntava i piedi per terra”, finché la madre si convinse “Ecco, mi legga la mano”. La zingara (…) in un attimo la tirò a sé, le prese la mano e guardandola negli occhi (…) le disse: “Signora vi nascerà una bambina che vi darà tante soddisfazioni e voi girerete il mondo con lei”. La zingara se ne andò senza volere niente e la madre che le gridava dietro “Come vi chiamate?”, lei si girò e dopo un attimo di esitazione urlò tante volte: “Nada, Nada Nada”, “Che nome” disse mio padre, “dev’essere slavo”, e mia madre, ancora frastornata, a bassa voce tanto che nessuno la sentì disse:”Se nascerà femmina la chiamerò così”.

Nella sua carriera di artista “musicale” la sua parte visibile parla molto meno con queste esperienze narrate, tutte dentro l’anima, tutte dentro la vita non visibile “familiare”.

Dal 1992 i lavori di Nada rispecchiano in modo sempre e sempre più forte la sua vita “interiore”.

NADA - L'ANIME NERE (1992)

Questo cd realizzato con la RCA (e questo fu un piccolo flash, come se fosse ritornata un po’ la vecchia Nada, e infatti poco dopo ecco il bellissimo MALANIMA…), venne molto tempo dopo il Sanremo 1987 di BOLERO, con il quale si classificò … ultima! Gli strascichi di un decennio, gli anni ‘ 80, che le arrisero grandi successi e una non meno inarrestabile discesa, forse dovuta a un eccessivo autocompiacimento nel ruolo pop-wave-demenziale che portò ad un progressivo svuotamento della sua originalità. Tant’è che le canzoni di quest’album avevano girato già cinque-sei anni alla ricerca di un mecenate. Invece io le trovai veramente carine, a parte i testi sempre piuttosto wave, da girandolona nottambula alla ricerca di emozioni. Qui non si sente molto del cuore della vera Nada. Queste canzoni mi ricordavano un album che mi piacque molto e che nella mia mente malata doveva avere qualche artefice in comune., FABIOELISA, Tra Terra E Cielo. Idea del tutto fuori luogo (a parte un notevole familiarità musicale). Con Nada hanno invece scritto le canzoni il marito Gerry Manzoli, Varo Venturi (Hipnos) e Liliana Ritte (Tulliach). Varo Venturi era già nei suoi album EMI, "Smalto" e "Noi Non Cresceremo Mai", ed autore del suo più grande successo ’80, AMORE DISPERATO. Le canzoni mi piacciono tutte, meno forse ADIOS AMOR, troppo “Tears For Fears”, mie canzoni preferite GUARDA QUANTE STELLE, ANDAVAMO VERSO IL MARE, LONTANO, LA TUA LUCE. Piacevole, fresco, energetico.

NADA TRIO (1998)

Allegato alla rivista OLIS, si è poi trovato spesso nelle catene commerciali. Naturalmente io feci un po’ di acrobazie e rintracciai la rivista anche con qualche difficoltà. Il trio era composto da Fausto Mesolella (Chitarra) e Ferruccio Spinetti (Contrabasso), entrambi membri di Avion Travel. Il lavoro è piuttosto suggestivo, soprattutto i vecchi hit di Nada rivissuti in chiave unplugged e minimali con la bellissima voce di Nada in evidenza (IL CUORE E’ UNO ZINGARO, COME FACEVA FREDDO, LA FISARMONICA DI STRADELLA, LES BICYCLETTES…, MA CHE FREDDO FA, ecc.. Le particolarità, non trascurabili vista l’intensità dell’artista, oltre a MAREMMA (già inserita in MALANIMA), LUNA ROSSA (stupenda, crudele la pronuncia napoletana), ABBASSANDO di Avion Travel, NATI ALBERI di Battista Lena, pregevole chitarrista jazz, VENEZIA ISTANBUL del Battiato di “Patriots”.

DOVE SEI SEI (1999)

Un’ottima produzione artistica e arrangiamenti (Mauro Pagani, a cui lei stessa telefonò e disse “Mi produci?”) e promozione con un passaggio a Sanremo (GUARDAMI NEGLI OCCHI) e lo sponsor Celentano che parlò molto molto bene di lei e del suo album e che dopo un po’ la invitò per un duetto sul suo nuovo album (IL FIGLIO DEL DOLORE); presenti nella produzione anche Marcello Villella (Avion Travel), Gerri, e come ospiti Gianmaria Testa e Varo Venturi. Il tutto per la PolyGram. Bel disco, a volte riemerge la Nada esagerata (CURATA E COCCOLATA e VIENI MAI), a volte quella del già sentito (MARLENE, PICCOLI FIUMI, per il primo De Gregori, TENGO FAMIGLIA), le mie superpreferite INGANNO, GUARDAMI NEGLI OCCHI, GLU GLU. CORRERE è bella e extracosciente. La presenza di Mauro Pagani la fa da padrona, anche se Nada è troppo particolare per lasciarlo esprimere da solo.

Sono nata onda anomala in un mare che non conosco ancora bene ma che ci so restare a galla ormai ho imparato (…) E niente che resta in questa terra mossa / in queste montagne più dure delle mie ossa / Inganno fatto per restare / in fondo poco / di passaggio per andare”

“Questo liquido infernale / d’oro bello che ti fa bruciare / questo liquido che si mischia al sangue / (…) questo liquido eternamente / che è vita poi amore / morte e sangue.”

“Corrono i piedi / corrono le parole / corrono i pensieri e gli amori corrono, corrono (…) pensieri senza regie e anime viaggianti / e corrono da sempre le anime nel cielo / sulle nuvole sul mare il temporale / (…) corrono corrono le braccia / a tirare i giorni perché diventino più lunghi / corrono corrono sulla pelle dura / i segni del tempo che non mi fan paura (…) “

L’AMORE E’ FORTISSIMO E IL CORPO NO (2001)

IL linguaggio si fa più oscuro, più interno, più profondo, più duro e impietoso. Le immagini spesso dirette, il canto è alla come viene, sgraziato, carico, sciolto. La musica più in linea con la parte più oscura di certa musica inglese cresciuta e delineata dalla tradizione wave e a tratti addirittura sulla scia del punk. Bella GESU’, una sorta di manifesto-denuncia sulla mancanza di sacralità e sentimenti nel quotidiano e nella nostra vita presente. Belle IN GENERALE, GRAZIE, GIULIA, L’AMORE E’ FORTISSIMO, intense e piene di sentimenti. Più si ascoltano e più parlano, più si ascoltano e più questa “vociaccia” ti entra e ti dice, non solo con i significati delle frasi, ma con la forza e la durezza delle parole, da come le riesce a far diventare pietre e pugni nello stomaco. Forse lei stessa non si prende sul serio a volte e potrebbe fare di più e essere creduta di più. Forse avrebbe bisogno di un interlocutore più autorevole in sala, che come avviene per molti artisti, la contrasti e la indirizzi evitando gli eccessi dell’artista pur bravo che lasciato a ruota libera strafà. Il già sentito riappare con i THIS MORTAL COIL in L’AMORE E’ FORTISSIMO…. In un refrain che Nada ha già usato in altri pezzi di altri album (CORRERE).

“E’ giulia che si spoglia sotto una luce rossa / la mamma non gli ha detto dove bisogna stare / vivere la vita / è un peso / che non si può calcolare / a volte ci casca addosso / il mondo e il male / (…) c’è un uomo dietro la porta / vuole l’amore / l’amore non c’è”

“Sono un gallo che si svena / e mia madre che mi chiama / madre madre che mi odia / che mi ama e che mi odia / madre che non hai coraggio / madre che mi stai sul cazzo / madre non ho più la forza / madre ti voglio annegare / (…) sono un animale / e mi devo perdonare”

“l’amore è fortissimo / sa sopportare / occasioni mancate / disperazione e offese / e una lacrima che a volte s’infrange / su questa terra dove passa un’onda”

TUTTO L’AMORE CHE MI MANCA (2004)

Forse il più intenso e più bello tra i suoi album di poetessa trasgressiva, di bambina scontrosa e che trasforma la sua dolcezza in qualcosa di ostico, che richiede amore e sesso. Tutto sull’amore, quello che le manca. E sembra che l’amore che riceve, pur facendole e dandole piacere, non le basti mai. Un bellissimo insieme di canzoni che fanno toccare una parte nascosta, fragile della persona. Gli arrangiamenti bellissimi rendono tangibile questa sensazione di toccare l’interiorità. E lei parla di tutto quello che prova, senza nessun limite o ritegno. La canzone più “orecchiabile” è SENZA UN PERCHE’ che parla di una donna fragile, un po’ ignara, silenziosa delicata, che sembra non dover lasciare segni del suo passaggio. Eppure sembra così intensa. Strana contraddizione. Su tutto quell’album prevale questo essere accolti ad assistere e a percepire il senso di vuoto, la sensazione di deserto nel cuore, il bisogno di amore. Conclude CLASSICO, un pezzo in cui ascoltiamo per la prima volta Nada cantare in inglese, come una sorta di asettica e stilizzata presentazione del dolore che aspetta dietro la porta, dolore che esplode nel modo più pazzesco con la traccia nascosta, LE MIE MADRI, che è la “sorpresa” quello che c’era di più tremendo dietro tutto quello che finora è emerso in maniera delicata. Pazzesca, tragica, sottile, compassionevole, aggressiva, urlante, recriminante, implorante, esigente, realistica, dolce, bisognosa e, infine, severa. Un amore urlato, un amore veramente, stavolta, disperato.

L’album è ottimamente prodotto da John Parish, versatile musicista e produttore britannico (ha lavorato con p.J.Harvey e Tracy Chapman, e in Italia Afterhours e Cesare Basile, presente anche nell’album come chitarrista).

“E penso che una stanza sia una gabbia / e un’altra volta penso che / addio anche da me / (…) basta ridere a volte / ma non si fa / E le porte che sbattono / a volte io non so cos’è (…).”

“Ho rammendato le mie ferite (…) ma c’ho lasciato dentro tutto il mio dolore / che si è piantato che non mi ha più lasciato / ti aspettavo ti ho aspettato tanto tanto / (…) ora non voglio più essere più sapere / voglio solo lasciare voglio solo volare / voglio solo restare sospesa a metà / qui sospesa come mi va (…)”

“troppe volte i mie vestiti / stesi sopra il pavimento / son serviti ad asciugare / queste lacrime d’amore / ma chissà se amare come gli animali / serve a lasciare le impronte / questa vita non dà scampo / e ti porta via da me …”

“Sono un oggetto senza valore / se lo perdi adesso / non è un dolore / tu non sai niente di me… tu non sai mai niente… ”

NADA ZAMBONI – L’APERTURA (2005)

Nel suo percorso di artista comunicativa che crea le situazioni più interessanti nel contatto con altri artisti particolari come lei, Nada incontra Massimo Zamboni, chitarrista di CCCP, e pubblica un cd live, in cui alcuni suoi pezzi si abbelliscono con la bella e rifinita chitarra di Zamboni, il quale cede temporaneamente a Nada anche alcuni suoi pezzi (DA SOLO, TRAFITTO, MICCIA PRENDE FUOCO, ULTIMO VOLO AMERICA). Pezzi tratti da “L’Amore è Fortissimo…” e da “Tutto l’amore che mi manca”. Infine LE MIE MADRI in una versione rivissuta.

LE MIE CANZONCINE 1999-2006 (2006)

Raccolta molto ben fatta pubblicata da SAAR, CD più DVD, prodotta da Manzoli e Villella, pezzi tratti dai tre album, DOVE SEI SEI (1999), L’AMORE E’ FORTISSIMO E IL CORPO NO (2001), TUTTO L’AMORE CHE MI MANCA (2004) più un inedito molto carino, SCALZA, presente sia in versione audio che video. In versione video è riproposta anche MARE DI FIORI, bel pezzo pubblicato in versione singolo nel 2001. Molto interessanti tutti e cinque i video.

“Sono stesa su un mare di fiori (…) / e ci buttiamo dentro in questa danza / e il movimento diventa uno solo / è naturale lasciarsi andare senza pensare (…) / E rubati questi momenti / da una vita che ci dà / pochi divertimenti.”

LUNA IN PIENA (2007)

Ritorna a Sanremo, il pezzo è particolare, una specie di rondò in chiave rock, LUNA IN PIENA, arrangiato da Lucio Fabbri insieme a PIOGGIA D’ESTATE.

Negli altri pezzi, prodotti da Nada con Gerri, di nuovo Cesare Basile, Lorenzo Corti, Luca Rossi, Jorge Bosso, Marcello Sorge. Tutti personaggi piuttosto definiti e particolari. E si sente. Belli arrangiamenti su poca musica, melodia un po’ asfittica, armonia chiusa, molto parlarsi su se stessi in musica.

Non meno intensa del consueto, ma sembra meno esasperata la tensione emotiva, una maggiore padronanza di se stessa, una maturità finalmente vicina e forse già acquisita, e a volte sembra cogliersi addirittura una certa serenità, in mezzo a una malinconia intensa e un po’ distaccata. Il mondo si muove e non si muove. Sempre presente questo tema di offrirsi all’amore, mettendo in prima fila le proprie resistenze, il desiderio di abbandonarsi e i limiti nel farlo, e come questo amore che si vorrebbe vedere come un elisir alla fine non riesce a guarire l’anima inquieta e irrequieta. Un momento in cui ci si guarda intorno per capire in che direzione ci si deve ricominciare a muovere. L’amore che abbiamo intorno c’è o non c’è, la tentazione di mettere a tacere le nostre tensioni archiviando tutto. Insomma Nada riesce ad essere intensa anche quando sembra non avere niente da fare o da dire, anche quando sembra non avere grossi problemi. Ma qui sembra che tutto giri intorno al tema della crisi di una relazione, di un rapporto, di un amore che non sembra più carburare.

“Certo che non sembra bello / Sempre quel che vedi / Ma se vuoi puoi / Mettere un velo sopra tutto / (…) Puoi spostare l’orizzonte /dove sembra che tutto / Resti come se / Come se ogni cosa si potesse spostare / per avere / Un altro punto che”.

”Risposte buttate tra le borse nell’attaccapanni /davanti a un sole che scuoce / (…) La sera si presenta meglio / E tutto là davanti a te tutto pronto per essere per te / Ma il fuoco è il sale della memoria / La gente scopre che è sempre la stessa miseria”

“Maledetta questa sete che è rabbia / Questa voglia matta questa infinita ricerca / (…) e ce n’è voluto tanto di pensiero e di rimorso /per uscire fuori tutto a posto / tutto a posto un cazzo / E la testa è una mazza che, che sbatte / Contro la tazza di caffè.”

“Amore mio non mi guardare così / Non mi capisci più ed io non so cosa fare / (…) E non posso immaginare / quanto potrebbe pesare / Questo lasciarsi.”

STAZIONE BIRRA LIVE (2008)

Senz’altro più ufficiale del Live Brescia (con la data sbagliata) e poco promosso nel circuito della distribuzione convenzionale. Due nuovi inediti, STRETTA (prodotta anche stavolta da Lucio Fabbri), con l’organuccio un po’ Ray Manzarek e Doors. Molto carina e un po’ regolare, come non le capita spesso. Testo volitivo e positivo. NOVEMBRE (non confondiamo con la Ferreri, per carità). Pezzo dei Fleurs de Maladives, arrangiato ed eseguito dagli stessi, che conferma Nada nel ruolo informale di matura musa del rock alternativo italiano.

Belle le esecuzioni live dei suoi pezzi, eccellente il gruppo; in particolare graziosa IL CUORE E’ UNO ZINGARO” in versione tango e una punta d’ironia, mentre fa piacere sentire gli altri pezzi in versioni molto… conformi all’originale!!!

“Io non ho più una risposta / solo questo e ciò mi basta / Cerco solo d’affondare per non ritornare / non tornare, non tornare / Ma questo Novembre dura per sempre.”

Piccola conclusione: Nada è una grandissima artista; difficile tirare le somme del suo valore. E’ senz’altro una grande interprete. Come lei molti artisti hanno intrapreso la strada di scriversi le cose da soli. Le cose che scrive sono particolari e interessanti. Ma voglio cadere nel banale, mi piacerebbe tanto risentirla cantare grandi autori, senza togliere nulla alle cose che fa. La sua voce e la sua carica interperetativa sono particolari e uniche. Qualsiasi canzone con la sua voce diventa altro. E la ricchezza di un artista è quella di interpretare con la propria bocca e la propria vena anche le vite degli altri e non solo la propria.

lunedì 22 febbraio 2010

Sanremo Jamais DéJà-Vu



Le luci si accesero sul palco del Casinò ed entrarono i tre presentatori impeccabili: Mike Bongiorno, Nunzio Filogamo e Renata Mauro. Una serata d’eccezione: erano convocate presenze significative per dare lustro al Festival, per rinverdirne i fasti e cancellare il brutto ricordo delle ultime edizioni. Perché… non si butta niente e a questi grandi ospiti era affidato il compito di interpretare le canzoni vincitrici degli ultimi quindici anni. Queste canzoni purtroppo nessuno se le ricordava più, quanto di meglio che una passerella di grandi voci per rivalutarle? Forse erano veramente belle ma nessuno aveva più orecchie per accorgersene. Così riproporle nell’interpretazione di voci immortali, chissà che questi stessi cantanti non fossero capaci di resuscitare i… morti, quelle canzoni prive di vita, prive di ispirazione, di fantasia, di passione, di anima. Insomma prive di tutto. Anche di musica. Ma si sa i grandi fanno miracoli. La rassegna era patrocinata da due mostri sacri: Ezio Radaelli e Gianni Ravera. La scenografia era semplice ma molto retrò: i vecchi festival di Sanremo, uno sfondo tenue e vellutato color panna, con fiori in apposite aperture alle pareti e a terra, e a contornare il palco una cornice di velluto rosso porpora. Mike Bongiorno inizia con la consueta e garbata professionalità e presenta i suoi partner: “Vicino a me un veterano della conduzione televisiva, forse un mio antesignano, anche se io a un certo punto, gli ho dato una pista (consueta gaffe)” Filogamo con il sorriso scheletrico perennemente stampato rispose con il suo “Miei cari amici vicini e lontani, buonasera ovunque voi siate; io ho questo, e tu che cos’hai Mike?” “Io ho: Allegriaaaa!!!!” e qui si inserì elegante asciutta e professionale come sempre Renata Mauro. “Naturalmente questo antagonismo è del tutto scherzoso, e Mike e Nunzio non hanno motivo di essere se non amici veri e solidali, sicuramente affezionati colleghi….”. Ma sì, Renata, passiamo a presentare il programma della serata, Turchetti, fiato alle trombe……” “ Ma Mike – risponde Nunzio – hai sbagliato trasmissione, sei più rimbambito di me …” “Nunzio caro, devi sapere che mentre tu entravi in ospizio e rilasciavi interviste io ancora lavoravo per altri dieci anni, facevo gli spot con Fiorello e se non fosse che qualcuno mi ha fermato avrei realizzato la nuova edizione del Rischiatutto, il RiSKYtutto…..” “Riscaitutto…? E che vuol dire, pensi che tutti ti capiscano sempre con tutte le papere e gli sfondoni che prendi…” “Ma cosa ne vuoi sapere Nunzio, quando è partito Sky tu eri già mezzo morto…” “Signori – interruppe Renata – smettetela, il pubblico ci guarda e potrebbero pensare chissà cosa di noi, tipo “guarda questi residuati bellici, questi zombi….” “Hai ragione Renata, allora passiamo al programma della serata … “”Sì cari amici vicini e lon…” “Arieccolo – dice Mike – fai dire a me che sono ancora aggiornato….” “Signori e signore, questa sarà una serata eccezionale e emozionante, sono qui di nuovo con noi alcuni tra i più grandi protagonisti di Sanremo – dice Renata” “grandissimi (Nunzio)” “Stai zitto Nunzio, per favore, lascia parlare me, questa sera alcune tra le nostre più prestigiose stelle fisse creeranno un’atmosfera molto particolare, ricanteranno a modo loro e con la professionalità che li distingue le canzoni vincitrici degli ultimi 15 anni del festival… E’ vero, siccome si stavano rigirando nella tom….” “Ma cosa dici Mike, il solito sventato…” “Va bene signori, parlo per entrambi, ….ecco a voi il programma della serata:

Domenico Modugno canta SENZA TE O CONTE

Claudio Villa canta L’UOMO VOLANTE

Marisa Sannia canta FIUMI DI PAROLE

Sergio Endrigo canta SENTIMENTO

Paola Musiani canta SENZA PIETA’

Maria Carta canta TI REGALERO’ UNA ROSA

Mino Reitano canta ANGELO

Betty Curtis e Tony Del Monaco cantano COLPO DI FULMINE

Rocky Roberts canta LA FORZA MIA

Bruno Lauzi canta LUCE

Nessuno di questi interpreti accettò con leggerezza di esibirsi con tali canzoni, ma alla fine gli fu promesso il paradiso in cambio di questo piccolo sacrificio: cantare una canzone veramente brutta che nelle loro mani si sarebbe potuta trasformare in qualcosa di veramente prezioso. Alcune canzoni non trovarono un volenteroso interprete, ad esempio VORREI AVERE IL BECCO non la volle nessuno perché tutti la trovarono veramente idiota, ad esempio fu chiamato anche Tony Astarita a cantarla, anche se non aveva fatto mai Sanremo, e al suo diniego tentarono di convincerlo a cantare LUCA ERA GAY, e poi ancora LA VERITA’ (Eluana); a quel punto Tony raccontò di aver incontrato proprio la ragazza, che lo aveva diffidato ufficialmente, davanti ad altri famosi defunti come Buscaglione, Mario Riva, Noschese, Macario e Peppino de Filippo, ad accettare l’invito.

Tra il pubblico si potevano intravedere, seminascosti in mezzo alla folla, Lucio Battisti, Dalida, De Andrè e Wess (che erano tornati solo per incontrare Dori Ghezzi), Mia Martini, Lolita, Gabriella Ferri (che all’ultimo momento diede forfait per COLPO DI FULMINE, subito sostituita da Betty Curtis), Umberto Bindi, Alessandro Bono, Gene Pitney, Frankie Laine e Timi Yuro, e in un angolo buio, mesto per tutta la situazione e come a dire, “Ma chi me lo ha fatto fare a morire per questo schifo di festival”, Luigi.

Modugno fu commovente e fantasioso come sempre e rese la canzone della Minetti una meravigliosa e romantica passione, toccando il cuore per il senso di assenza e di mancanza che evocava, aprendo le braccia e le mani come a creare lui stesso un sentimento che non c’è.

Claudio Villa non si regolò come al solito e piegò L’UOMO VOLANTE alla sua possente vocalità, canzone delicata con un tappeto orchestrale e nelle sue corde diventò forte e penetrante, veramente cantata: con quella voce apparentemente impositiva poteva invece riuscire ad esprimere sentimento e tenerezza. E ci riuscì; peccato che il suo pubblico lo poté apprezzare solo dal cielo e le sue mature fan già tutte scomparse da quel dì, e in sala fu apprezzato solo da alcuni reduci collezionisti. E così anche Radaelli si rassegnò al suo successo.

Marisa Sannia, sebbene reduce da un repertorio molto più pregevole, accettò con la consueta delicatezza e apparente modestia di cantare una delle canzoni più brutte del festival. Nella sua bocca quella canzone si venò di sfumature dorate e sembrò diventare una canzone veramente piacevole e accorata. Quanto poteva mancare una voce così particolare nel grigiore dei Sanremi del 2000.

Sul palco le successe Sergio Endrigo. Accettò di cantare una delle canzoni solo a patto di poter scegliere quella che a suo avviso sembrava la più onesta e intellettualmente valida, e gli fu proposta SENTIMENTO degli Avion Travel. Endrigo la piegò alla sua voce calda e un po’ legnosa rendendola più significativa, forse perché il pubblico risentiva l’eco di quelle canzoni sì veramente bellissime che Endrigo aveva portato ai primi posti del festival, ma Renata Mauro ricordò anche le altre, ADESSO SI’, ELISA ELISA, UNA STORIA, che da sole sembravano almeno quaranta volte più belle di quella che stava cantando ora.

La Musiani aveva fatto un solo Sanremo e per questo fu veramente contenta di cantare la canzone della Oxa. Dice Paola: “Certo questa canzone è la più brutta che ha cantato la Oxa in tutta la sua carriera, ma io ho bisogno di pubblicità e visibilità, inoltre si presta alla mia voce intensa tra gola e stomaco; posso renderla più “interiore”, più … particolare.” La Musiani sembrò ora una grande cantante, riconoscimento che ai suoi tempi nessuno le dava; bella, particolare e magnetica come nessuna delle cantantine della nuova generazione e dei talent.

Maria Carta fu introdotta da Bongiorno e fu un po’ polemica per l’esclusione ancora prima di partecipare dall’unico Sanremo a cui si candidò; accettò di cantare la canzone di Cristicchi perché era un testo un po’ di sinistra come si sentiva ancora lei e perché in quel rappato “confessato” poteva trafondere un po’ delle sue litanie e filastrocche sarde. Il risultato non fu poi così malvagio e la grande Maria Carta uscì dal palco con molti applausi, e avendo ben interpretato La toccante vicenda di pazzia descritta dalla canzone. Si disse che avrebbe potuto vincere se ci fosse stata la gara.

L’esibizione successiva fu la più azzeccata, e ANGELO fu veramente ben indossata da Reitano. Nessuno avrebbe detto che l’autore era un ex Timoria, un ex dark, e Mino fu così convincente, con la sua voce un po’ venata di pianto, che il pubblico si alzò in piedi per applaudirlo con tutta la forza, come se la bambina di cui si parlava non fosse figlia di Francesco e di Ambra ma la sua. La sua uscita dal palco fu faticosa perché gli applausi non finivano più.

A Betty Curtis con la sua voce cristallina e a Tony Del Monaco un po’ alla Morandi un po’ tirato toccò il grande onore di cantare una canzone della roca Gianna Nannini, COLPO DI FULMINE, come la Ponce e Tonno, con la differenza che loro due erano di ben altra pasta, con tutto quello che gli si poteva dire e fecero una meravigliosa rilettura della canzone. Un impasto vocale ottimo. Dal Sanremo 1967, dove avevano cantato in coppia, il pubblico tributò loro un notevole e sentito assenso, una boccata di ossigeno, un elogio dell’onestà artistica e sincerità.

Rocky Roberts fece una versione rythm’n blues di LA FORZA MIA. Certo, la canzone era sempre quella povertà che si era sentita, ma cantata da lui, con quel ritmo e quella presenza scenica (senza escludere il “fisicaccio”) sembrò un’altra canzone, e non di questa epoca.

Infine a sorpresa venne sul palco il grande Bruno Lauzi. Nunzio Filogamo ricordò la sua unica partecipazione, ma anche i suoi successi da autore, ALMENO TU NELL’UNIVERSO, e nel pubblico inquadrarono Mimì che applaudiva e sorrideva soddisfatta.

Lauzi toccò il cuore e fece ricordare il periodo d’oro della collaborazione con Mogol e Battisti, perché questa canzone, LUCE, cantata da lui era qualcosa di più, e non sembrava neanche opera dello sbruffone Zucchero.

I tre presentatori rientrarono e diedero il commiato al pubblico. Forse sarebbe stato l’ultimo spettacolo, e sarebbero ritornati nei loro luoghi di provenienza. “Miei cari amici vicini e lontani, buonanotte ovunque voi siate”. “Allegriaaaa” “Saluto con molto affetto i telespettatori che ci hanno seguito…”.

mercoledì 10 febbraio 2010

Il "Sapore" Della Vita In Due...



Domenica prossima è il 14 febbraio ed è un giorno importante per gli “innamorati”. Una ricorrenza messa lì a bella posta per tirare fuori il meglio del proprio conformismo, ma se è un’occasione perché non utilizzarla per qualcosa di più, ad esempio per riflettere e fare il punto della situazione dei nostri sentimenti: quanto stiamo amando e quanto stiamo veramente dando alla persona che abbiamo vicino. Cominciamo con una citazione artistica visto che nel blog io mi occupo principalmente di questo argomento. Coppie nella vita e coppie nello spettacolo. “Il sapore della vita in due” cantava a tempo di bossa nova una della coppie più singolari del mondo dello spettacolo, Ombretta Colli e Giorgio Gaber. Quanto sarà stata reale l’idea di realizzazione e felicità che nel tempo hanno voluto dare della loro unione molte coppie dello spettacolo? Il tempo purtroppo in alcuni casi ha fatto giustizia di certi ménage, a volte per motivi più o meno drammatici, ad esempio nel caso di Al Bano e Romina Power; ancora vendono in tutto il mondo le canzoni fatte insieme; ma il dramma della scomparsa di Ylenia fece riemergere le loro differenze nel modo di vivere il dolore. Ancora Edoardo Vianello e Wilma Goich, unione finita principalmente per i tradimenti di lui, almeno così sostiene Wilma. Altre coppie hanno invece avuto un percorso riservato e discreto, ad esempio Dori Ghezzi e Fabrizio de Andrè. L’unico vero clamore fu costituito dal loro rapimento. Altri come Rita Pavone e Teddy Reno hanno invece fatto i salti mortali per attirare l’attenzione e interessare il pubblico, che invece non ne voleva sapere e non ci sono riusciti. Altre coppie del nostro passato televisivo: Raimondo Vianello e Sandra Mondaini, Franca Valeri e Vittorio Caprioli, Paolo Panelli e Bice Valori, Franco Interlenghi e Antonella Lualdi, Marina Berti e Claudio Gora, Carla Boni e Gino Latilla, Fellini e Giulietta Masina, Renzo Arbore prima con Mariangela Melato poi con Mara Venier, Raffaella Carrà prima con Gianni Boncompagni poi con Iapino, i grandi attori Aroldo Tieri e Giuliana Lojodice, Paolo Stoppa e Rina Morelli, e andando molto a ritroso Luisa Ferida e Osvaldo Valenti. Coppie che hanno lasciato scolpita un’immagine a due. Ma chissà cosa succedeva in casa una volta chiusa la porta e quanto fossero “normali”, prevedibili e quotidiane le situazioni della loro vita in due. Così nella vita di tutti i giorni, la nostra mentalità ci porta a non considerare con la necessaria attenzione il percorso dell’amore e a confonderlo con la scelta di vivere insieme a una persona. A volte solo per “apparire” o solo perché “così fan tutti”. Perché così ci viene insegnato. Non ci viene insegnato ad amare, ci si insegna a cercare la persona della nostra vita. Ricerca che a volte può essere illusoria e fuorviante. Abbiamo tutti bisogno di nutrire la nostra affettività ed è normale cercare qualcuno da poter amare e da cui poter essere amati. Questa strada è battuta da tutti a volte con molta sincerità a volte mentendo a se stessi. Specialmente in età giovanile se si cerca un partner a volte lo si fa come se si andasse a caccia, ovviamente in modo metaforico, sempreché non si incontri immediatamente l’anima gemella e in molti casi “fortunati” capita anche questo. A conferma e ad apertura di questa prospettiva ci sono anche tutte le esperienze rivelate dall’ipnosi regressiva. Affascinanti teorie raccontano come certi legami provengano dalle vite passate e le relazioni più forti, che possiamo definire “Karmiche” sono quelle che abbiamo alimentato attraverso le molte vite che abbiamo vissuto. Altra cosa è il cosiddetto “amore a prima vista” che invece può arrivare a qualsiasi età ma può bene essere gravido di amare sorprese. La passione di per sé non è solo amore. Molti rapporti che nascono con un’esplosione mirabolante di passione e fragorosi entusiasmi dopo neanche molto tempo diventano delle mezze schifezze. Così le grandi attrazioni legate all’inseguire una persona bella. Stranamente noto sempre più spesso uomini belli con donne brutte, meno spesso donne belle con uomini brutti. La donna bella ci tiene ancora abbastanza a non andare in giro col principe ranocchio; a meno che non sia ricco. Ma ogni persona ha un suo percorso e il destino, come si sa, non è per tutti uguale. Il carattere e i gusti sono diversi da persona a persona (e dovrebbe esserlo sempre di più così si eviterebbero le terribili e laceranti contese di una persona tra due…) così il modo di vivere i sentimenti e il sesso sono diversi per ognuno di noi. Ci sono persone più fredde sia dentro che fuori, o persone chiuse che non lasciano uscire nulla a volte anche avendo dentro molto. E così nel sesso c’è un po’ di tutto. Dagli atleti del sesso, che lo vivono come una ginnastica e non ci mettono un granello di calore, ai coccoloni (un po’ patetici per la verità…), ai violenti, ai passionali, i quali forse sono quelli che più di altri realizzano una sintesi cuore-corpo. Di storie se ne sentono tante, e mentre è sempre più rara la situazione di persone che hanno una vera intesa e un idillio stabile, si sente al contrario veramente di tutto, coppie che dopo anni di fidanzamento il primo mese di matrimonio si tradiscono; il tradimento è fisiologico e non è più una trasgressione alla regola della fedeltà; tradirsi in realtà è una cosa quasi più frequente che l’andare d’accordo e realizzarsi in un’unione. Io non ho mai pensato che sia giusto essere forzatamente fedeli se non ce la si fa. Fa parte della natura ed è nella natura umana essere toccati dalle tentazioni, sentire lo stuzzicamento della cosa inedita e proibita. Chi può negarlo? Spesso anche amando una persona non riusciamo a sentire attrazione solo per questa; a me è capitato anzi che più amavo un uomo e più sentivo una tale inquietudine da sentire il desiderio di farlo anche con altri uomini. Certo non siamo tutti uguali e qualcuno leggendomi penserà che sono una poco di buono. A tutto ciò che ho descritto aggiungiamo che intorno all’unione e al matrimonio c’è talmente tanta ipocrisia e convenzionalità e penso quanto sia triste che la gente si sposi solo per il fatto che la cosa è prevista dai protocolli della perfetta definizione del sé. Una volta si parlava di zitelle per le donne mentre i cosiddetti “scapoli” erano visti con un misto di ammirazione ma anche di.. sospetto. Certe persone che starebbero meglio da sole e non se ne rendono conto, dal momento del matrimonio diventano carnefici della persona che hanno accanto ma anche disastrose artefici di nevrosi nella prole che generano. Perché solo in pochi casi un figlio di genitori nevrotici nel tempo può ricostruire un equilibrio e una saggezza. Allora perché non scegliere conoscendo di più noi stessi e cercando di capire chi siamo e cosa possiamo dare a un’altra persona? Nella confusione che ho descritto e visto che siamo vicini a San Valentino, sarebbe auspicabile prendere una posizione differente. Innanzitutto più “sincera”. Ammesso che nei primi anni si cerchi il partner per sentirsi realizzate e aumentare la propria autostima in via di formazione, in un secondo tempo si dovrebbe cercare “il” nostro partner con sincerità e saggezza, e se possibile un po’ di oculatezza. Perché poi quando ci si ritrova dentro quattro mura, se quella persona non va bene per noi e non ce ne siamo voluti accorgere prima, sono dolori!!! In tutto questo torbido e questa confusione di cui ho detto, le strade ci sono e si possono ricominciare a vedere. Innanzitutto “amare”. E’ difficile capirlo. Io ho cercato di capirlo tutta la vita, non penso di averlo ancora capito completamente e penso che non si debba capire tutto solo con la testa ossia con la cosiddetta ragione. Bisogna assecondare la delicatezza dell’emotività e seguire questo filo perché ha una sua ragione. Posso dire che capisco se amo o no una persona ma penso di aver capito che non esiste un solo modo di amare. Conta il nostro sé, capire chi siamo, cosa vogliamo, come amiamo, se quella certa situazione va bene per noi. Se non ci conosciamo e non ci vogliamo conoscere diventa tutto più difficile. Solo se ci amiamo noi per primi ci conosciamo, sappiamo cosa vogliamo e come lo vogliamo, solo così – capendo bene noi stessi - possiamo capire i desideri anche della persona che abbiamo di fronte. Oltre questo c’è l’ignoranza e la confusione, e quindi la sofferenza. Ci sono persone per le quali sentiamo una affetto talmente grande che straripando diventa qualcosa di più. Questo affetto lo scambiamo per amore. Oppure persone per cui sentiamo un’attrazione talmente intensa e pazzesca che ci sembra anche di voler loro bene. Oppure persone per cui sentiamo un po’ di attrazione e di affetto che insieme ci sembrano un vero sentimento, ma la scintilla non c’è e sarebbe meglio non averle incontrate mai quelle situazioni perché ci fanno perdere tempo e basta nella nostra ricerca della persona della nostra vita. Esiste l’amore, e il destino ha il suo peso; questo amore esiste e lo dobbiamo incontrare. E’ bello pensare che a un certo punto nella vita è bene scegliere chi è il proprio compagno e decidere di fare un lungo tratto di strada con lui. E’ bello donarsi, dedicarsi a quella persona, anche facendo delle rinunce. E’ bello pensare che un po’ apparteniamo a quella persona e che in fondo è bello cambiare vita e decidere che dare le nostre attenzioni, le nostre cure, il nostro affetto, ecc. a quella persona è la cosa più bella che ci possa essere. E’ sempre più difficile pensare di dedicarsi a qualcuno. Si è sempre più egoisti e a volte anche certi amori sono egoismo puro camuffato da chissà cosa. Ma amare è la cosa più bella e l’amore non ha limiti, né fisici ,né spirituali. Scegliere di dividere il proprio spazio e il proprio tempo con una persona non è una rinuncia, è questo: sentire che l’altra persona è importante. Come lo siamo noi. Questo è vero amore.

Il sapore della vita in due

Mille immagini che vivono

Sullo sfondo di una storia che

Oggi come ieri sempre si rinnova.

Amore il sapore della vita in due

È un sapore forte come lui

È un sapore dolce come lei

Che nemmeno il tempo riesce a cancellare.

Su di noi i cieli si aprono

Come non mai i giorni sorridono

Dentro di te io sento rinascere

La gioia di vivere con te, con te

Il sapore della vita in due

I tuoi occhi che mi cercano

Le mie mani che ti sfiorano

E non c’è bisogno neanche di parlare.

Amore mio lo sai si vive meglio in due

Non ci lasceremo mai

Se qualche volta sarai triste un po’ devi pensare

Che io sono vicina a te

Prova a sorridere con me.